In occasione dell’inaugurazione dei nuovi locali della conceria Vesta Corporation spa, abbiamo intervistato il   titolare Sauro Gabbrielli.

 

Cosa ti ha spinto a intraprendere il mestiere del conciatore?

  • In conceria ci sono nato. Ho iniziato nel 1979 fino al 1991. Nel 2008  mi sono fermato con l’attività negli Stati Uniti, dove gestivo delle attività legate al mondo della moda e ho deciso di accettare questa nuova sfida. 

Ne è valsa la pena?

  • Sì, nonostante le difficoltà della congiuntura economica di quegli anni di crisi – era il 2010 – non ho rimorsi, né rimpianti. Anzi, i risultati dell’azienda stanno dando ragione all’operazione che abbiamo svolto. Nelle cose che si fanno è importante andare sempre fino in fondo; quando parti sai da dove cominci, ma non dove arriverai. Io per fortuna non partivo da sprovveduto, ma avevo già delle esperienze significative alle spalle.

 

Qual è il tuo pensiero la mattina, prima di arrivare in azienda, e la sera, quando torni a casa dal lavoro?

  • La mattina entro presto al lavoro, senza particolari pensieri. Se c’è un pensiero, che mi accompagna durante la giornata, è come migliorarsi. La sera invece cerco sempre di tornare a casa senza lasciare niente di indeciso o di irrisolto e mi chiedo sempre come riuscire ad anticipare i problemi che potrebbero verificarsi il giorno dopo.

 

Se dovessi raccontare un’esperienza positiva che ti è capitata dal punto di vista umano e lavorativo…?

  • Il clima di familiarità che si percepisce in azienda, tra tutti i dipendenti. È questo clima che fa sì che tutti riescano a esprimere al massimo il proprio potenziale. Per ricordare un episodio, tempo fa un responsabile andò via dall’azienda di sua volontà. Ci rimasi male, anche perché è l’unico caso che mi è capitato, e mi sono domandato se io avessi sbagliato qualcosa. Dopo due anni però mi chiese di tornare e fui contento di riaccoglierlo tra noi.

 

A giudicare da quello che dici si respira un bell’affiatamento…

  • Tengo molto allo scambio delle opinioni e al confronto, anche con chi non la pensa come me. Trovo importantissimo che ognuno abbia la possibilità di esprimere la propria idea, perché il confronto interno è il modo più efficace per trovare le soluzioni migliori. Ciò consente a chiunque di mettersi in discussione e di cogliere il meglio delle idee di ciascuno. Anche per questo, due volte a settimana, facciamo una riunione per confrontarci su tutto ciò che può essere migliorato.

 

Qual è stata per te l’esperienza più qualificante, come conciatore?

  • Ce ne sono state tante. Sicuramente molte dovute all’acquisizione di clienti importanti, in particolare clienti stranieri: quando questo accade è un chiaro segno dell’attenzione che stai creando intorno a te.

 

Quanto può essere d’aiuto la tecnologia nella progettazione di un articolo di moda?

  • Io credo soprattutto nel valore della creatività delle persone, che è una dote che non tutti possediamo. Proprio per questo abbiamo un team di persone molto valide che hanno come compito quello di generare idee creative e lavorare per obiettivi. La tecnologia ha sì un ruolo importante, ma la vera forza sono la ricerca, la creatività e le persone.

 

Pensando al futuro, hai ancora un desiderio che vorresti si avverasse sul piano professionale?

  • Oggi il desiderio più forte che avverto è quello di lasciare l’azienda in buone mani. Devo dire che ho già individuato tante persone valide intorno a me e questo mi conforta molto. Anche se oggi le forze non mi mancano e mi sento ancora in grado di condurre l’attività (scherzando ci rivela che tiene il conto dei passi, per una media di 12.000 passi al giorno, ndr), è inevitabile che io inizi a pensare a cosa ne sarà dell’azienda se la salute non dovesse continuare a supportarmi. Il rischio che avverto maggiormente è che l’azienda muoia nelle mie mani. Se ciò accadesse, vorrebbe dire che tutte le fatiche che ho fatto fino ad ora le ho compiute invano.

 

Come ci si accorge quando è arrivato il momento di passare il testimone?

  • Il fatto è che non ce ne accorgiamo, il momento arriva, semplicemente. E bisogna farsi trovare pronti a gestirlo al meglio. Io dentro di me sto maturando questa idea da tanto tempo e so come vorrei lasciare la conceria e come vorrei che fosse in futuro. Non è per niente scontato poi che l’azienda abbia una continuità di tipo familiare. Un padre che vuole bene ai suoi figli lascia loro una possibilità di inserimento in azienda, ma la cosa più importante è che i figli scelgano la propria strada.

 

A giudicare da come racconti l’azienda, è evidente che in ciò che producete, nel vostro prodotto, c’è un messaggio che volete comunicare…

  • È importante che noi percepiamo cosa il cliente si aspetta dal nostro prodotto per realizzare un pellame che lo possa trasmettere. A noi spetta il compito di tradurre le richieste dei clienti in un lavoro finale, curato nel dettaglio, con l’attenzione all’utilizzo e ai servizi accessori. È necessario anche saper gestire al meglio il rapporto col cliente. I clienti di oggi sono pochi e selettivi. La situazione è diversa degli anni ‘80 e ‘90, quando le aziende erano tante, era facile aprirne di nuove e c’era prospettiva per chiunque avesse spirito di iniziativa. Oggi sono in pochi ad emergere. Mancano gli sbocchi, e tante opportunità lavorative che c’erano un tempo sono andate lentamente a morire.

 

Hai nostalgia di quegli anni?

  • Nei primi anni ottanta c’era tanta imprenditoria e tanta capacità artigianale. Se penso ai giovani, credo che non abbia ragione chi dice che sono svogliati. La verità è che a loro mancano le tante opportunità che c’erano fino a qualche anno fa e quindi non hanno gli stimoli giusti. Mi accorgo che oggi c’è anche tanta distrazione rispetto a prima, quando si socializzava di più e ci incontravamo volentieri per passare del tempo insieme. Magari la sera, dopo il lavoro, al bar, per raccontarsi com’era andata la giornata… tutto questo non c’è più. Un’altra cosa che ho notato di diverso dal passato è anche una diffusa mancanza di rispetto, che si nota in generale dal comportamento, dal modo di fare delle persone e di relazionarsi con gli altri.

 

Per concludere, una domanda meno personale: come vede il futuro del settore conciario?

  • Non è facile prevedere quello che sarà domani; ma è certo che bisogna farsi trovare pronti. Se sei capace, puoi adattarti a qualsiasi cambiamento. Credo solo che il futuro che ci attende sarà molto selettivo. Per di più, il nostro settore è uno dei più chiacchierati, ingiustamente. Per quanto mi riguarda io sono pronto a combattere. Non possiamo fare niente su ciò che non dipende da noi, ma su tutto quello che dipende da noi abbiamo il compito di fare l’impossibile.

 

 

Consorzio Conciatori di Ponte a Egola